Questo l’interrogativo e l’esortazione a fare chiarezza da parte del capogruppo PRC-SE Vinti
Umbria – 24/10/2007 10:24
"Domenica scorsa Aldo Bianzino, 44enne di Pietralunga, arrestato per
detenzione illegale di stupefacenti, è morto in carcere. La vicenda ha
contorni che è poco definire oscuri e la Procura di Perugia ha deciso
di aprire un’indagine sulle cause del decesso del detenuto". E’ quanto
ricorda, in una nota il capogruppo di Rifondazione comunista Stefano
Vinti preoccupato perché "fatti come questi rischiano di assumere un
tono scontato, quasi di normalità". "È del tutto evidente – evidenzia
il capogruppo del Prc-Se – che la magistratura farà il suo lavoro, ma
l’episodio ci lascia inquieti perché il medico legale avrebbe già
escluso l’ipotesi di una morte per infarto. Inoltre – aggiunge – un
arrestato resta in isolamento fino a quando non lo vede il giudice
delle indagini preliminari, senza entrare in contatto con altri
detenuti. Ora – dice – attendiamo i reperti istologici e gli esami
tossicologici per capire come è morto il detenuto".Vinti chiede,
quindi, di sapere "se la morte in carcere di Aldo Bianzino sia opera
del caso o opera dell’uomo. Questo – commenta – perché il carcere resta
ancora oggi una realtà chiusa e la chiusura aumenta quando succede un
fatto grave come quello di un decesso. Il sistema delle nostre carceri
purtroppo lo conosciamo. La vita delle persone che vi entrano –
sottolinea – sembra valere immediatamente di meno. Per questo abbiamo
sostenuto con forza l’istituzione nella nostra regione del Garante
delle carceri avvenuta con legge regionale il il 18 ottobre dello
scorso anno. E’ stata una scelta che abbiamo definito di civiltà perché
convinti che la Regione dell’Umbria non possa disinteressarsi dei
problemi nelle nostre carceri. A distanza di un anno, però, – spiega –
occorre che l’intera comunità politica regionale riconosca la necessità
della nomina del garante, con la duplice funzione di controllo, per le
competenze proprie dell’amministrazione regionale, e di ‘moral
suasion’, per le competenze del ministero della Giustizia, al fine di
imboccare un percorso virtuoso per la piena affermazione, senza se e
senza ma, del pieno riconoscimento della dignità umana"."La morte di
Aldo, – aggiunge Vinti – incarcerato per possesso di marijuana, non può
diventare improvvisamente un fatto ‘normale’, proprio oggi che
apprendiamo dal decimo rapporto ‘Sos Impresa’ (Confesercenti) che
l’azienda italiana con il maggior fatturato è la mafia".Vinti, in
conclusione, fa sapere che "è contro questa assurda normalità che
Rifondazione comunista dell’Umbria si pone, mettendo l’informazione e
la trasparenza al centro dei percorsi di cambiamento della cultura
penitenziaria. Chiediamo chiarezza sulla morte di Aldo Bianzino,
chiediamo la verità, chiediamo una spiegazione coerente con quello che
è accaduto".
detenzione illegale di stupefacenti, è morto in carcere. La vicenda ha
contorni che è poco definire oscuri e la Procura di Perugia ha deciso
di aprire un’indagine sulle cause del decesso del detenuto". E’ quanto
ricorda, in una nota il capogruppo di Rifondazione comunista Stefano
Vinti preoccupato perché "fatti come questi rischiano di assumere un
tono scontato, quasi di normalità". "È del tutto evidente – evidenzia
il capogruppo del Prc-Se – che la magistratura farà il suo lavoro, ma
l’episodio ci lascia inquieti perché il medico legale avrebbe già
escluso l’ipotesi di una morte per infarto. Inoltre – aggiunge – un
arrestato resta in isolamento fino a quando non lo vede il giudice
delle indagini preliminari, senza entrare in contatto con altri
detenuti. Ora – dice – attendiamo i reperti istologici e gli esami
tossicologici per capire come è morto il detenuto".Vinti chiede,
quindi, di sapere "se la morte in carcere di Aldo Bianzino sia opera
del caso o opera dell’uomo. Questo – commenta – perché il carcere resta
ancora oggi una realtà chiusa e la chiusura aumenta quando succede un
fatto grave come quello di un decesso. Il sistema delle nostre carceri
purtroppo lo conosciamo. La vita delle persone che vi entrano –
sottolinea – sembra valere immediatamente di meno. Per questo abbiamo
sostenuto con forza l’istituzione nella nostra regione del Garante
delle carceri avvenuta con legge regionale il il 18 ottobre dello
scorso anno. E’ stata una scelta che abbiamo definito di civiltà perché
convinti che la Regione dell’Umbria non possa disinteressarsi dei
problemi nelle nostre carceri. A distanza di un anno, però, – spiega –
occorre che l’intera comunità politica regionale riconosca la necessità
della nomina del garante, con la duplice funzione di controllo, per le
competenze proprie dell’amministrazione regionale, e di ‘moral
suasion’, per le competenze del ministero della Giustizia, al fine di
imboccare un percorso virtuoso per la piena affermazione, senza se e
senza ma, del pieno riconoscimento della dignità umana"."La morte di
Aldo, – aggiunge Vinti – incarcerato per possesso di marijuana, non può
diventare improvvisamente un fatto ‘normale’, proprio oggi che
apprendiamo dal decimo rapporto ‘Sos Impresa’ (Confesercenti) che
l’azienda italiana con il maggior fatturato è la mafia".Vinti, in
conclusione, fa sapere che "è contro questa assurda normalità che
Rifondazione comunista dell’Umbria si pone, mettendo l’informazione e
la trasparenza al centro dei percorsi di cambiamento della cultura
penitenziaria. Chiediamo chiarezza sulla morte di Aldo Bianzino,
chiediamo la verità, chiediamo una spiegazione coerente con quello che
è accaduto".
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