Aggiornamento ultima udienza
Scritto da veritaperaldo in Iniziative il 01/07/2009
L’udienza davanti al GIP (giudice indagini preliminari) è stata rinviata al 15-07-09 ore 9.00.
Comunque gli avvocati di parte lesa (famiglia Bianzino) hanno presentato documenti x il rifiuto della proposta di archiviazione per omicidio volontario contro ignoti. Ne sapremo di più alla prossima.
Roberta se ne è andata…
Scritto da veritaperaldo in Materiali il 30/06/2009
Abbiamo conosciuto Roberta nei giorni successivi alla morte di Aldo, giorni drammatici, durissimi, di intense mobilitazioni.
Abbiamo conosciuto la sua forza d’animo, la sua rabbia, la sua voglia di lottare e il suo desiderio di conoscere la verità.
Una verità insabbiata, nascosta, che non riesce a venire fuori.
Roberta se ne è andata nel silenzio, senza riuscire a conoscerla.
Roberta Radici è la compagna di Aldo Bianzino, il falegname morto misteriosamente nel carcere perugino di Capanne, la notte del 14 ottobre
2007. Aldo, insieme a Roberta, era finito in carcere con l’accusa di possedere e coltivare alcune piante di marijuana e dal quel luogo non è più uscito vivo.
Da allora, insieme a Roberta e suo figlio Rudra, insieme a Gioia (ex moglie di Aldo) e ai figli Elia e Aruna, come “Comitato Verità
per Aldo”, abbiamo organizzato manifestazioni, iniziative, presidi e volantinaggi affinché si facesse luce su questa vicenda.
Mercoledì 1 luglio alle ore 9.00 presso il Tribunale di Perugia si terrà l’udienza preliminare relativa alla richiesta di rinvio a giudizio della
guardia carceraria in servizio durante quella notte, per il reato di omissione di soccorso.
Oggi che Roberta non c’è più, sentiamo, ancora più forte, l’esigenza di continuare a lottare insieme a Rudra, rimasto solo, e a tutti gli altri
familiari.
Continueremo insieme.
PERCHE’ IN CARCERE PER UNA PIANTA D’ERBA NON SI DEVE FINIRE
PERCHE’ IN CARCERE NON SI PUO’ MORIRE
COMITATO VERITA’ PER ALDO
Articolo 7
Scritto da veritaperaldo in Materiali il 12/03/2009
ENG
This video has been carried out for the
60th anniversary of the Universal Declaration of Human Rights and is
part of a series of 30 videos inspired by the articles of the
declaration. Dedicated to article 7: "All are equal before the law and
are entitled without any discrimination to equal protection of the law.
All are entitled to equal protection against any discrimination in
violation of this Declaration and against any incitement to such
discrimination."
The video tells the story of Aldo Bianzino, joiner,
cabinet maker, arrested in central Italy the 12th of october 2007 for
marijuana growing and detention, found dead in prison the day after the
imprisonment in Capanne Jail, Perugia, Italy.
ITA
Video
realizzato in occasione del 60° anniversario della Dichiarazione
Universale dei Diritti Umani, parte di una serie di 30 cortometraggi
ispirati ai diversi articoli della dichiarazione, dedicato all’articolo
7: "Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna
discriminazione, ad una eguale tutela da parte della legge. Tutti hanno
diritto ad una eguale tutela contro ogni discriminazione che violi la
presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento a tale
discriminazione."
Viene narrata la vicenda di Aldo Bianzino,
falegname ebanista arrestato il 12 ottobre 2007 per coltivazione e
detenzione di marijuana, trovato morto la mattina del giorno successivo
alla reclusione nel carcere di Capanne, Perugia.
This movie is part of the collection: Open Source Movies
Producer: Tekla Taidelli
Audio/Visual: sound, color
Language: italiano
Keywords: aldo bianzino; carcere; capanne; perugia; jail; human rights; diritti umani; tekla taidelli
Creative Commons license: Attribution-Noncommercial-No Derivative Works 3.0
E’ LA VOSTRA SICUREZZA CHE CI FA PAURA!
Scritto da veritaperaldo in Iniziative il 03/02/2009
MERCOLEDI’ 4 FEBBRAIO ALLE 16,30 PRESIDIO DAVANTI AL COMUNE DI PERUGIA
E’ LA VOSTRA SICUREZZA CHE CI FA PAURA!
Le politiche securitarie governative (nazionali e locali), dalla
militarizzazione del territorio, alla presenza sempre più massiccia di
telecamere, alle limitazioni al diritto di mobilità, sono forme del
controllo contemporaneo con cui si tende ad uniformare comportamenti e
stili di vita.
Queste ci riguardano tutte e tutti perché attivano meccanismi diffusi
di repressione, alimentando ondate razziste e xenofobe, mentre si
erodono progressivamente diritti dei singoli, precarizzati nella vita e
nel lavoro, e sicurezza sociale.
Tali politiche, appoggiate da destra e sinistra, passano principalmente
attraverso il corpo delle donne. Quello che si vuole è creare uno stato
di paura diffusa e legittimare un controllo sempre più intenso e
liberticida, che di fatto è un’espropriazione dei territori, dei corpi,
delle nostre vite.
Dopo gli ultimi stupri il governo, che con la nuova finanziaria ha
sottratto risorse vitali ai centri antiviolenza, vuole imporre 30.000
militari in servizio di ordine pubblico, mentre è noto a tutti che il
70% delle violenze sulle donne avviene in famiglia, al caldo delle mura
domestiche.
In realtà noi crediamo che l’enorme rilevanza mediatica data agli
stupri commessi in quest’ultimo mese da sconosciuti (in diminuzione
rispetto a quelli commessi in famiglia), abbia lo scopo di distogliere
l’opinione pubblica dalla crisi economica e sociale e che il controllo
militare delle città abbia come obbiettivo quello di trasformarsi in un
presidio permanente per soffocare conflittualità sociale e dissenso.
D’altra parte le donne sono in prima fila a pagare la crisi sociale,
con il restringimento delle sicurezze economiche, la scomparsa del
welfare (e di fatto la presenza diffusa di forme privatizzate di
welfare che riproducono sfruttamento attraverso il lavoro sottopagato
delle migranti) e le politiche familistiche che impongono tradizionali
modelli di cura a costo zero.
Oggi si vara in Senato il pacchetto sicurezza, che rappresenta un nuovo
giro di vite per tutti e tutte, e in particolare inasprisce le
condizioni di vita delle e dei migranti, introducendo tra l’altro il
reato di clandestinità, il permesso di soggiorno a punti e prolungando
a 18 mesi la reclusione nei CIE (ex CPT).
Noi diciamo No alle politiche razziste, sessiste e repressive
Diciamo No ai sindaci sceriffi e alle ronde legalizzate
Diciamo no alla strumentalizzazione del corpo delle donne
NE’ VIOLENTATE, NE’ CONTROLLATE, NE’ IMPRIGIONATE NELLE CASE
LA VOSTRA SICUREZZA NON PASSERA’ SUI NOSTRI CORPI
collettivo sommosse perugia
Commenti recenti