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La lotta per la verità non si ferma: Verità per Aldo e per tutte le morti di Stato.

Sul nuovo numero di Terra, in edicola da venerdì, un’inchiesta del mensile racconta di nuovi particolari emersi nella vicenda di Aldo Bianzino, il falegname di Pietralunga che per la procura di Perugia, che archiviò l’ipotesi di omicidio, morì per cause naturali nella prigione di Capanne nel 2007. Il giornale rivela che nelle udienze tenutesi per giudicare la guardia carceraria Gianluca Cantoro, ritenuto responsabile di omissione di soccorso, falso e omissione di atti d’ufficio e condannato a marzo a un anno e mezzo con pena sospesa, sono emerse almeno tre rilevanti evidenze che sostengono la tesi dei famigliari, secondo cui, come hanno detto al giornale, il caso andrebbe riaperto.

 

Il primo e più rilevante riguarda l’aneurisma cerebrale di cui Bianzino sarebbe morto. Tutta l’ipotesi dell’archiviazione si basava sull’esistenza di un aneurisma che venne documentato dai consulenti del pm Anna Aprile e Luca Lalli in una minuta documentazione del 2008, nella quale furono mostrate le parti smembrate del cervello di Bianzino e un’altra immagine di sezione di un cervello con, cerchiata in rosso, la «“malformazione” vascolare aneurismatica origine del sanguinamento» (come riportato nella didascalia). Ma recentemente, durante un’udienza, la dottoressa Aprile ha spiegato ai magistrati che i medici legali non avevano «…riscontrato l’aneurisma, ma abbiamo riscontrato dei vasi con delle caratteristiche alterate, che ben si correlano con l’ipotesi di una rottura, diciamo, spontanea».

 

Insomma quella immagine cerchiata in rosso era nulla più che letteratura medica. Il mensile, per la prima volta, mostra le due fotografie inedite del cervello di Bianzano indicando quale delle due si riferisce in realtà a materiale d’archivio. Il mensile aggiunge poi due altri fatti rilevanti e non tenuti evidentemente in troppo conto ma che ora acquistano una nuova valenza: le rilevazioni mediche accertarono attorno al fegato di Aldo – che appariva “strappato” dalla sua sede naturale – 280 cl di sangue, un terzo di litro, fuoriuscita dovuta – si disse – alla pressione esercitata durante la rianimazione cardiaca. Ma allora Bianzino era già morto e la rianimazione fu eseguita da personale medico professionista.

 

Non vi è inoltre di quell’intervento sul suo corpo durato almeno venti minuti, nemmeno un fotogramma dal circuito televisivo interno del carcere”

 

 

Quanto riportato da Terra rende ancora più inquietante la vicenda di Aldo Bianzino. Nel corso del processo che vedeva imputata la guardia carceraria di turno la notte che Aldo perse la vita siamo venuti a sapere che non era scontata la causa di morte.

I medici legali, sia quelli di parte che quelli del pubblico ministero Giuseppe Petrazzini, erano concordi nell’affermare che non è mai stato riscontrato l’aneurisma causa di morte. Questo fatto non è trascurabile. L’affermazione che Aldo morì a causa di un aneurisma asintomatico e latente fu determinante nell’archiviazione del procedimento per omicidio colposo a carico di ignoti.

Come comitato “Verita per Aldo” non abbiamo mai creduto che Aldo sia morto per cause naturali, la sentenza del tribunale che certifica l’omissione di soccorso per noi non è sufficiente.

Vogliamo sapere com’è morto Aldo Bianzino, vogliamo sapere perché sono state spese tante energie per depistare gli inquirenti.

La lotta per la verità non si arresta.

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Riguardo il processo del 23/01/2012

Diffondiamo il comunicato stampa dei figli di Aldo Bianzino in cui si denuncia l’opposizione di Pm e Avvocatura di Stato sulla richiesta di parte civile di una nuova perizia medico-legale super partes

 

Dopo che lo Stato ci ha restituiti nostro padre morto, quando viceversa stava benissimo prima del suo arresto, ci saremmo aspettati un atteggiamento diverso. È incredibile che l’imputato non si è opposto alla richiesta di perizia sulla causa della morte di nostro padre. Si sono invece opposti proprio i massimi rappresentanti dello Stato, PM e l’avvocato del Ministero di Grazia e Giustizia.

Noi denunciamo che se l’imputato non teme la perizia, la temono costoro. Ci chiediamo, in tutto ciò, dove sia l’interesse pubblico e della collettività.

I figli di Aldo; Aruna, Elia e Rudra Bianzino

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