«Non ho una tomba per piangere Aldo»


La Nazione del 2 novembre 2007 

MORTO IN CELLA

«Non ho una tomba per piangere Aldo»

Manconi: «Nessun insabbiamento». Attesa per gli esami medico-legali

— PIETRALUNGA —
UN COMPAGNO morto da 18 giorni e «nemmeno una tomba dove piangerlo. Neanche il diritto di vivere il mio dolore con l'intimità che vorrei».
Sono giorni terribili per Roberta Radici, la compagna di Aldo Bianzino (insieme nel tondo in alto) , che oltrealla verità attende anche di poter rivedere la salma. E nemmeno nel giorno dedicato alla commemorazione dei defunti, per lei è giunta la notizia sperata. Nulla di certo ancora sulla restituzione del corpo di Aldo che resta a disposizione delle autorità, tanto meno sull'eventuale data dei funerali. «Invece quello che è certo — aggiunge Roberta — è che vorrei ringraziare tutti coloro che a vario titolo ed in diverso modo, in questi giorni terribili ci sono stati vicini, si sono mobilitati perché la morte di Aldo non sia inutile». Non a caso ieri mattina a microfoni spenti Roberta ha contattato Radio Rai Tre che ha dedicato un'intera trasmissione al caso Bianzino nel corso della quale è intervenuto anche il sottosegretario alla giustizia Manconi (a destra), per ringraziare chi a livello nazionale sta portando avanti una «battaglia per la verità».
Cris.

— PERUGIA —
IL SOTTOSEGRETARIO alla giustizia, Luigi Manconi promette: «Non esiste nessun pericolo di insabbiamento, l'accertamento della verità è un punto d'onore irrinunciabile». Dopo la visita nel carcere di Capanne e un incontro privato con la compagna e il figlio di Aldo Bianzino l'onorevole è intervenuto nuovamente sul giallo della morte in cella. Saranno ora le risposte della medicina legale a fare luce su tempi e cause del decesso. A dire cosa ha ucciso il 14 ottobre scorso un falegname di 44 anni arrestato nemmeno due giorni prima perché a Pietralunga coltivava piante di marijuana.
In particolare saranno gli esami istologici sull'encefalo a stabilire se le lesioni cerebrali riscontrate in sede di autopsia possono essere state provocate da traumi esterni, come la shaken baby sindrome. Questo potrebbe spiegare l'assenza di lesioni estterne sul corpo di Bianzino. Da verificare, ancora, la natura delle lesioni alla milza e al fegato. Nelle ultime ore i consulenti incaricati dal pm Giuseppe Petrazzini, Luca Lalli e Anna Aprile hanno eseguito — insieme ai consulenti di parte, Laura Paglicci Reattelli per la compagna e Walter Patumi per la ex moglie — gli esami radiografici e verificato il responso di quelli tossicologici (sarebbero state trovate tracce di cannabis). La storia fatta di ombre della morte in cella era esplosa proprio in seguito all'autopsia. Quella che inizialmente era apparsa una morte per infarto si era trasformata in un possibile omicidio quando il medico legale aveva riscontrato le lesioni di natura traumatica. Di lì la decisione di bloccare la salma per consentire ulteriori accertamenti. E, contestualmente, avviare un'indagine ‘classica' per omicidio che ancora non avrebbe portato ad alcun responso. L'unico indagato è un agente di polizia penitenziaria — inquisito per omissione di soccorso e omissione di atti d'ufficio — perché non avrebbe prestato aiuto a Bianzino che la notte lamentò di sentirsi male. A denunciarlo sono stati due tunisini, ristretti nella cella 18 del penitenziario che lunedì saranno sentiti dal gip nel corso di un incidente probatorio insieme ad un terzo uomo. Si tratta di un lavorante rumeno che avrebbe visto alle 7 del mattino il falegnamente seduto sulla brandina della cella., nudo.
Il poliziotto, difeso dall'avvocato Daniela Paccoi, ha spiegato al magistrato di essersi comportato correttamente.
Eri.P.

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