Dal 2000 al 2010 i morti in carcere sono stati 1736, di cui 626 suicidi.
La popolazione carceraria cresce di giorno in giorno: il 31 dicembre scorso risultavano in cella oltre 67.000 reclusi, in uno spazio complessivo utile per 45.022 persone. Nel corso dell’anno appena passato le persone che si sono tolte la vita sono state 66. L’anno precedente – il 2009 – è stato nel trascorso decennio quello con il numero maggiore di suicidi: 72.
Sembra un bollettino di guerra, invece è la routine che si rinnova di anno in anno.
Nel 2011, appena iniziato, siamo già a 12 morti tra suicidi e morti “naturali”.
Morti che ci parlano della devastante situazione delle carcere italiani da cui, ovviamente, Perugia non si salva.
Uno degliultimi, Michele Massaro di 23 anni, è morto a causa del gas respirato da bomboletta proprio nel carcere di Capanne.
Carcere dove sono attualmente rinchiuse 519 persone in uno spazio che potrebbe contenerne al massimo 350. Di questi ben il 70% è straniero
mentre il 90% dell’intera popolazione carceraria risulta tossicodipendente.
L’ennesima dimostrazione di come in carcere ci sono quasi interamente donne e uomini con un basso titolo di studio, immigrati o figli di
operai, incarcerati per lo più per reati contro il patrimonio, cioè per azioni profondamente legate alla società in cui viviamo, alla necessità
che la muove da mattina a sera: quella di trovare dei soldi. Senza contare che molti prigionieri sarebbero fuori (o a beneficiare delle cosiddette pene alternative) se avessero anche semplicemente i soldi per pagarsi un buon avvocato.
Per noi la causa principale è l’istituzione carcere, lo Stato e le sue politiche repressive e securitarie che riempono le galere di indigenti, reietti e figli di nessuno. Questa appare sempre di più una vera e propria guerra di classe, dove i “detenuti sociali” vengono ammassati in questa gigantesca discarica.
Un terzo di questi dannati della democrazia sono tra l’altro in attesa di giudizio, cioè potrebbero anche essere innocenti. Le sole leggi
Bossi-Fini sull’immigrazione e la Fini-Giovanardi sulle droghe ci “forniscono” circa il cinquanta per cento delle 100.000 persone che ogni
anno passano, anche solo per pochi giorni, dalle carceri nostrane.
“Passaggi” che possono essere di breve durata, o che possono risultare letali come per Aldo Bianzino, morto nell’ottobre 2007 nel carcere di
Capanne e che ancora grida Verità.
Il processo per omicidio colposo a carico di ignoti è stato archiviato nel dicembre 2010, mentre rimane ancora aperto il processo a carico
della guardia carceraria per omissione di soccorso e falsificazione di registro dove il Comitato Verità per Aldo si è costituito come parte civile e che riprenderà l’8
febbraio.
Noi saremo ancora lì, dentro il tribunale e attraverso la città, a gridare con forza per la verità.
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