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Aneurisma di Stato

Sotto pubblichiamo il testo di un volantino  che distribuiremo in questi giorni, presto diffonderemo anche un piccolo dossier sulla vicenda della morte di Aldo. 
Troppe sono le incongruenze e i lati oscuri di questa vicenda.
Vogliamo sapere che cosa è successo. Vogliamo la verità.
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Verità per Aldo Bianzino!
Sono ormai passati più di tre mesi da quando Aldo Bianzino è morto nel carcere di Capanne e da quando più di duemila persone sono scese in piazza per chiedere verità e giustizia per una morte tanto assurda.
A casa di Aldo sono state ritrovate alcune piante di marjiuana che coltivava per uso personale, ciò nonostante è stato trattato come un pericoloso criminale, arrestato e portato in una cella d'isolamento nel carcere di Capanne, dal quale non è più uscito vivo.
In un primo momento, le cause della sua morte sembrano essere piuttosto chiare, dopo pochi giorni trapela la notizia di un omicidio avvenuto in carcere. 
Dalle dichiarazioni del primo medico legale che ha fatto l'autopsia sul corpo di Aldo emerge con chiarezza l'ipotesi di una morte 
causata da percosse che avrebbero provocato ematomi al cervello, distaccamento del fegato, lesioni alla milza e costole rotte.
La notizia fa il giro di tutti i giornali locali e subito dopo anche dei media nazionali, l'ipotesi del pestaggio resta per diverso tempo la più accreditata.
L'attenzione dei media sul caso di Aldo Bianzino cala progressivamente, oscurata dalla notizia dell'omicidio avvenuto a Perugia della studentessa inglese Meredith Kercher, un evento ben più vendibile, costruito per soddisfare la morbosità di tanti lettori.
Il caso di una morte avvenuta all'interno delle mura domestiche sembra essere più facile da gestire rispetto a quello di una morte in carcere, luogo simbolo della sicurezza dello Stato, sicuro da morire! verrebbe da aggiungere.
Da questo momento in poi le indagini su quanto avventuto a Capanne prendono un'altra direzione, si comincia a parlare di possibile morte naturale, dicono che Aldo sarebbe stato colpito da un aneurisma cerebrale.
Si profila così un nuovo scenario, costruito ad hoc attraverso una serie di passaggi che tendono chiaramente ad insabbiare quanto è realmente successo tra il 13 e il 14 di Ottobre nel carcere di Capanne.
Passaggi che si concludono con la richiesta di archiviazione per l'ipotesi di omicidio colposo firmata dal PM Petrazzini.
Tutto chiarito?
A noi rimangono dubbi, tanti dubbi.
Troppe sono le incongruenze e le mancanze dell'inchiesta fin qui svolta:
1-Ma veramente c'era bisogno di sottoporre il corpo di Aldo a due perizie autoptiche, all'esportazione del cervello e del fegato, se lui fosse veramente morto di morte naturale?
2-Ma veramente c'era bisogno di sdraiarlo nudo per terra di fronte alla sua cella e di impedire la vista di quanto stava succedendo agli altri detenuti della sezione ponendo dei lenzuoli davanti alle porte di tutte le celle?
3-Quale spirito accentratore anima il Pm Petrazzini tale da farlo figurare in tre inchieste diverse aventi per oggetto la stessa persona nel ruolo dell'accusa prima, avendo lui firmato l'ordinanza di arresto di Aldo, e nel ruolo della difesa poi, essendo titolare dell'inchiesta per omicidio e omissione di soccorso?
4-Ma come si fa a fidarsi dei medici legali che facendo due autopsie su uno stesso corpo emettono giudizi così contrastanti?
Al termine della prima autopsia dichiarano "presenza di lesioni compatibili con l'ipotesi di omicidio" e  al termine della seconda 
"morte avvenuta per cause naturali".
Ma come si fa a rilevare e dichiarare la presenza di due costole rotte alla prima autopsia e dichiararle sane alla seconda?
Ora più che mai è necessario far sentire la nostra voce.
Affinchè la morte di Aldo non passi sotto silenzio!
Perchè di carcere non si può morire! Perchè in carcere per qualche pianta d'erba non si deve finire!
Comitato verità per Aldo
http://veritaperaldo.noblogs.org                          

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Al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano…

Al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
Signor presidente,
nonostante la grande stima che ho nei suoi confronti, mi perdonerà se, seguendo l’esempio dei miei
genitori, volutamente non uso le lettere maiuscole nel rivolgermi a lei ed alle istituzioni in genere, nel
tentativo di riavvicinarvi un po’, almeno simbolicamente, alla popolazione italiana.
Leggo sui giornali, con immensa gioia, che é stata finalmente presentata all’ONU la moratoria
internazionale sulla pena di morte. Credo che sia una grande battaglia di civiltà portata avanti dal nostro
Paese.
La vicenda di cui vorrei informarla, però, è un’altra.
Non so se ha sentito parlare di quell’uomo di 44 anni, trovato morto nel carcere di Capanne, nei pressi
di Perugia, la mattina del 14 ottobre scorso.
Quell’uomo era un falegname che viveva nelle campagne dell’Umbria, nel cuore del nostro Paese, e
conduceva una vita fatta di duro lavoro, amore per la propria famiglia ed i suoi tre figli, di preghiera ed
amore per la natura. Quell’uomo costruiva mobili, mensole, porte, finestre, soppalchi. Era una delle
persone più tranquille del mondo, quell’uomo, ed era circondato da centinaia di persone che gli
volevano bene. Era un nonviolento, un “gandhiano”, e, come me, avrebbe apprezzato moltissimo
l’iniziativa per l’abolizione della pena di morte in tutto il mondo. Quell’uomo la sera del 12 ottobre è
stato arrestato perché nel suo orto è stata trovata qualche piantina di canapa indiana per uso personale.
La canapa, come è noto, è quella pianta che i nonni dei nostri nonni hanno coltivato e utilizzato per
centinaia di anni, fino all’introduzione in Europa del tabacco, pianta che, a differenza della canapa,
provoca dipendenza e causa milioni di morti in tutto il mondo.
Va da sé che se in un Paese aumentano le cose considerate illegali, il mondo dell’illegalità trova nuova
linfa per alimentarsi e diventare sempre più forte. Ecco probabilmente perché, venendo incontro alla
mafia, alla camorra, alla ‘ndrangheta, alle multinazionali del tabacco, nonché alla malavita in genere, la
canapa è stata equiparata alle droghe ed inserita tra le sostanze illegali.
Fermo restando, comunque, che il problema della droga, quella vera, quella che si trova con gran facilità
in tutte le discoteche, o quella di cui fanno uso molti uomini d’onore che siedono sui banchi di
Montecitorio e Palazzo Madama, sia un problema molto serio. Ma torniamo al nostro uomo, un
problema ancor più serio.
L’arresto è avvenuto al termine di una giornata di perquisizioni, a seguito delle quali, oltre alle piantine,
si è scoperto che il falegname aveva soldi in casa per un valore di 30 (trenta) euro, e nessun conto in
banca o in posta. E’ stato quindi deciso di mettere l’uomo, totalmente incensurato, in una cella di
isolamento, e lasciare a casa, per un tempo indeterminato, un ragazzino di 14 anni in compagnia della
nonna ultranovantenne in precarie condizioni di salute.
C’è chi dice che l’uomo sia stato scambiato per qualcun altro, forse per uno spacciatore, forse per un
anarchico o chissà chi.
I fatti ci raccontano che dopo l’arresto, sono state effettuate le consuete ed accurate visite mediche e
psichiatriche, attestanti che l’uomo era in perfette condizioni psico-fisiche, con pressione arteriosa e
battito cardiaco ottimali. La mattina del 14 l’uomo è stato trovato morto.
I medici legali, la voce della scienza, ci dicono che dopo la prima autopsia sul corpo dell’uomo sono
state riscontrate delle lesioni. Lesioni compatibili con l’omicidio. Compatibili con la tortura. Tortura
che, se confermata, è stata certamente compiuta da professionisti, gente addestrata ad uccidere con
metodi che non lasciano segni esteriori, ma svariate lesioni interne, riscontrabili solo tramite esami
autoptici.
Ovviamente c’è un’indagine in corso, che potrà confermare o meno queste ipotesi. Ed a proposito
dell’indagine, essendo lei anche il presidente del Csm, vorrei informarla di alcuni particolari. Si sa che
un carcere di “sicurezza” è tenuto ad essere videosorvegliato ed a fornire le immagini di tutto ciò che
succede al suo interno, 24 ore su 24. Ma le attese immagini chiarificatrici non hanno ancora chiarito
nulla. Si sa anche che quando un magistrato fissa l’incidente probatorio è obbligato a convocare tutte le
parti in causa. Ma anche questo non è successo. Ultima precisazione, poi, che potrebbe apparire
alquanto bizzarra: il magistrato che sta conducendo le indagini è la stessa persona che ha ordinato
l’arresto dell’uomo.
E’ ovvio, comunque, che in un Paese civile come il nostro, un Paese che diffonde democrazia, pace e
giustizia in tutto il mondo, ci si aspetterebbe che, se ci fosse qualcuno sospettato per aver commesso un
simile assassinio, costui fosse quanto meno sospeso dal proprio incarico. Beh, non ci crederà, signor
presidente, ma questo non è successo.
Un Paese come il nostro, che porta alta la fiaccola dei diritti umani ed urla al resto del mondo di
abrogare la pena di morte, consente a propri dipendenti, sospettati di simili atrocità, di continuare ad
esercitare la loro “professione” indisturbati, magari nei confronti di altri uomini o donne. Magari proprio
in questo momento, mentre le sto scrivendo.
Sabato 10 novembre a Perugia c’è stata una grande manifestazione, piena di giovani e con oltre duemila
persone, che chiedevano verità e giustizia per quell’uomo. Chiedevano di poter vivere in un Paese
migliore, signor presidente.
Ho la speranza, signor presidente, che un giorno qualche nazione, ancora più civile della nostra, vada
all’ONU a chiedere che venga fatta piena luce sulle centinaia di morti che avvengono all’interno delle
carceri italiane.
Questo per sperare di poter vivere in un mondo un po’ più giusto, un po’ più libero, un po’ più vivibile.
Così come avrebbe voluto anche quell’uomo. Quell’uomo che si chiamava Aldo. E che era mio fratello.
Distinti saluti.
Claudio Bianzino

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Marco Travaglio legge un comunicato per Aldo Bianzino


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Conferenza stampa di presentazione della manifestazione

A quasi un mese dalla morte di Aldo Bianzino, avvenuta il 14 ottobre scorso nel carcere “Capanne” di Perugia, non ci sono certezze sulle cause di una morte inspiegabile, e si attende ancora l’esito definitivo delle perizie medico-legali.
Il comitato “Verità per Aldo” indice una manifestazione nazionale a Perugia per il prossimo 10 novembre 2007 ( alle ore 15 da Piazzale Bove) per sollecitare una risposta chiara e pronta da parte delle istituzioni, affinché sia fatta luce su questa vicenda.
Ma occorre anche unire, alla ricerca di questa verità, la denuncia di tutte quelle leggi e quelle istanze politiche volte solo a creare un facile consenso (il recente pacchetto sicurezza, la mai abrogata legge Fini Giovanardi) , dimenticando che la repressione difficilmente si concilia con i diritti umani. E non a caso è proprio la legge sulla tortura, che li dovrebbe salvaguardare, che il Parlamento italiano non riesce ancora ad approvare dopo anni di dibattiti e modifiche.
Il Comitato Verità per Aldo invita tutte le realtà sociali e politiche umbre e i cittadini/e a partecipare alla manifestazione e a sottoscrivere l’appello affinché non cali il silenzio sulla morte di Aldo.
Conferenza stampa di presentazione della manifestazione
Venerdì 9 novembre ore 11.30
Sala Consiliare della Provincia
Piazza Italia – Perugia
http://veritaperaldo.noblogs.org


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Messaggio della compagna di Aldo per la manifestazione del 10 novembre a Perugia

Invito tutti i cittadini a partecipare alla manifestazione "Verità per Aldo"

che è anche verità per tutti

e a sfilare dietro lo striscione con il quale io e mio figlio apriremo la manifestazione.

Roberta Radici, la compagna di Aldo Bianzino 

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