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TUTTI MORTI DI VECCHIAIA: Bianzino, Cucchi, Lonzi, Aldrovandi …

TUTTI MORTI DI VECCHIAIA: Bianzino, Cucchi, Lonzi, Aldrovandi …


“Arrestati e condotti nel carcere di Capanne -Aldo viene portato in isolamento e Roberta nel braccio femminile- al termine di una perquisizione, firmata dal PM Petrazzini, trovate solo alcune piante di marijuana e 30 euro in contanti…”

E’ l’assurdo inizio della fine di
Aldo. Uomo libero, consumatore e coltivatore di canapa che per questo viene arrestato e muore in carcere, in una città che si preoccupa soltanto di reprimere i consumatori e la “manodopera di strada” mentre rimane una piazza centrale del narcotraffico. A più di due anni da questa
"misteriosa" morte, si tenta ancora di insabbiare la verità. Infatti, mentre è stata rinviato a giudizio l’agente di polizia penitenziaria accusato di omissione di soccorso, oggi si richiede l’archiviazione del procedimento per omicidio, volendo farci credere che Aldo sia “stato
ucciso” in carcere da un malore accidentale.
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Accettata la richiesta di costituzione di parte civile dell’Ass. “Verità per Aldo Bianzino”

Dopo 4 ore di presidio finalmente qualche notizia ufficiale ce l’abbiamo:

-La nostra richiesta di costituirci parte civile è stata accettata!!!!!!!!!!

-Il giudice ha deciso il rinvio a giudizio della guardia carceraria sotto procedimento, stabilendo il dibattimento al 28 giugno 2010.

Prossimo appuntamento:
venerdì 11 dicembre ore 9 udienza per l’opposizione all’archiviazione dell’altro troncone del processo, ovvero omicidio involontario contro ignoti.

A presto con aggiornamenti più dettagliati.

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Lettera del padre di Aldo Bianzino

Gentilissimo Direttore,

Il caso recente di
Stefano Cucchi e, quello ancor più recente, di Giuseppe Saladino a
Parma (Il Manifesto dell’11 novembre), hanno richiamato l’attenzione
sui casi di Marcello Lanzi e di mio figlio Aldo Bianzino, anch’essi
morti in carcere in circostanze tutte da chiarire (chissà quando e
sopratutto se). Ora, volendo esaminare il caso di Aldo, bisogna
precisare alcune cose.

Il P.M. dott. Giuseppe
Petrazzini, che aveva fatto arrestare Aldo e la sua compagna la sera
del venerdì 12 ottobre 2007, è lo stesso magistrato che ha in
carico le indagini sul suo successivo decesso avvenuto nella notte
tra il 13 e il 14, Aldo era stato messo in cella di isolamento nel
carcere "Capanne" di Perugia. Era stato visto da un medico,
che l’aveva riscontrato sano e da un avvocato d’ufficio, col quale
aveva parlato verso le 17 di sabato. Non sono disponibili
registrazioni di telecamere su ciò che è avvenuto successivamente,
né, dopo il decesso, la cella risulta sia stata isolata e sigillata,
né che siano stati chiamati per un intervento i reparti speciali di
indagine dei carabinieri. A detta degli altri detenuti del reparto,
durante la notte Aldo aveva suonato più volte il campanello
d’allarme ed aveva invocato l’assistenza di un medico, sentendosi
anche, pare, mandare al diavolo dall’assistente del corridoio, la
guardia carceraria Gian Luca Cantore, attualmente indagato. Fatto sta
che verso le 8 del mattino di domenica le due dottoresse di turno,
arrivate a svolgere il loro turno di servizio, trovarono il corpo di
Aldo, con indosso solo un indumento intimo (e siamo a metà ottobre,
non ad agosto). I suoi vestiti si trovavano nella cella,
accuratamente ripiegati (cosa che Aldo, in 44 anni, non aveva fatto
mai). Le due dottoresse provarono di tutto per rianimarlo, ma alla
fine dovettero desistere: Aldo era morto. L’autopsia, svoltasi il
giorno dopo, diede risultati controversi: si parlò prima di due
vertebre poi di due costole, rotte, poi tutto fu negato. Di certo ci
fu un’emorragia celebrale e un’altra di 200 ml., al fegato. Segni
esterni di percosse o violenze, nessuno (i professionisti sanno come
si fa C.I.A. insegna). Ora, l’emorragia cerebrale è stata amputata
ad un aneurisma, quella epatica ad un maldestro tentativo di
respirazione artificiale, che le due dottoresse respingono nel modo
più assoluto (e ci mancherebbe, si tratta di medici, mica di
personale non qualificato), ma nessun altro ha affermato d’aver fatto
tentativi in tal senso. Ora, può accadere quando si è nelle mani
delle "forze dell’ordine", lo abbiamo purtroppo visto in
molti casi, basterebbe pensare al G8 di Genova, e magari al colloquio
recentemente intercettato nel carcere di Teramo (i detenuti non si
massacrano in reparto, ma sotto!). L’emorragia cerebrale potrebbe
benissimo essere stata la conseguenza di uno stress per colpi
ricevuti in altre parti del corpo, immaginatevi l’angoscia e il
terrore di una persona in quelle condizioni. In ogni caso credo
proprio di poter dire in tutta coscienza che Aldo è stato
assassinato in un ambiente violento e omertoso, del quale non si
riesce neppure a sapere i nomi del personale presente quella notte
nel carcere. Quanto al dott. Petrazzini, mi sembra che dignità gli
imporrebbe di passare ad altri il suo incarico, date le omissioni,
invece di insistere come sta facendo, per ottenere l’archiviazione
del caso.

Ma i veri assassini sono
coloro che hanno voluto ed ottenuto una legge sulle "droghe"
come l’attuale, persone che nella loro profonda ignoranza,
considerano in modo globale, senza distinzioni. Una legge fascista e
clericale, da stato etico e peggio, da stato che manda in galera (con
le conseguenze che si sono viste) il poveraccio che coltiva per uso
personale qualche pianta di cannabis, mentre, se la droga (quella
pesante, cocaina o altre sostanze) circola nei festini dei potenti,
non succede nulla. Vorrei dire comunque che un paese che considera
delitto la detenzione e l’uso di droghe, magari solo marijuana, o
l’essere "clandestino", pur non avendo colpe e quasi sempre
per sfuggire a condizioni di vita impossibili, uno stato che avendo
preso in custodia delle persone, è responsabile a tutti gli effetti
delle loro vite e della loro salute, uno stato che non riconosce come
reato gravissimo la tortura, uno stato che difende i forti e i
potenti e non i deboli, è uno stato che non può ritenersi civile e
non può chiedere ai suoi cittadini (o sudditi?) di amare la propria
patria.

In fede

Giuseppe Bianzino

Vercelli, 16 novembre
2009

2 Commenti

Report del presidio del 28 novembre 2009

Sono stati circa un centinaio i partecipanti al presidio promosso dal "Comitato Verità per Aldo" presso il Tribunale di Perugia di mercoledì 28 ottobre. Una buona partecipazione considerando l’orario lavorativo e il giorno infrasettimanale che dimostra ancora una volta il forte legame della città di Perugia alla triste vicenda che colpì Aldo e tutta la sua famiglia.
L’udienza in relazione alla richiesta di rinvio a giudizio nel procedimento nei confronti dell’agente di custodia polizia penitenziaria addetto alla sorveglianza presso la sezione B ha avuto tutto sommato un finale positivo, segnando un piccolo passo in avanti nella dura strada verso la verità e la giustizia per la morte di Aldo.
Il giudice ha infatti rinviato a giudizio la guardia carceraria accusata di omissione di soccorso e falsificazione dei registri di entrata e uscita del braccio carcerario di sua competenza ed ha inoltre rifiutato il rito abbreviato richiesto dalla difesa. Si dovrà quindi aprire un lungo processo dove, inevitabilmente, emergeranno nuove considerazioni soprattutto in merito al perché l’agente abbia dovuto falsificare quei registri e su chi e che cosa ha dovuto “coprire” con quell’illecito.
Numerose altre questioni riguardanti questa prima inchiesta emergeranno a partire dal 25 novembre, giorno della prima udienza del processo nei confronti di colui che sembra sempre più interpretare il ruolo di capro espiatorio di un sistema i cui aguzzini e torturatori continuano a rimanere ancora impuniti.
Altro punto importante da sottolineare è la costituzione del “Comitato verità per Aldo” come parte civile. Non poteva essere altrimenti, il comitato in tutti questi anni è sempre stato impegnato in prima linea a sostenere iniziative di solidarietà concreta nei confronti dei familiari, oltre che economicamente, soprattutto nel mantenere viva e accesa l’attenzione sulla vicenda.

Le attività del Comitato non si fermeranno di certo.

Invitiamo tutti e tutte a visitare il nostro blog per seguire e rimanere aggiornamenti sulle prossime mobilitazioni e iniziative.

La necessità di verità e giustizia non si placa!
Perchè di carcere non si può morire! 
Perchè in carcere per qualche pianta d'erba non si deve finire!

Comitato Verità per Aldo

13 Commenti

Aldo Bianzino – un anno di mobilitazione

E si, lo hanno detto in tanti, la memoria e’ un ingranaggio collettivo.

Che va lubrificato, animato, fatto girare.

Aldo Bianzino è stato arrestato il 12 ottobre 2008 e condotto nel carcere Capanne di Perugia

La mattina del 14 è stato trovato morto nella cella in cui era stato rinchiuso.

E’ passato un anno dalla morte "misteriosa" di Aldo.

Un anno di solidarietà concreta, di appelli, presidi, volantinaggi, iniziative di informazione, dibattiti , concerti di sostegno, a Perugia e nel resto d’Italia.

Ma anche un anno di inchieste, insabbiamenti, reticenze, richieste di archiviazione.

C’e’ chi vuole dimenticare e chi si ostina a reclamare la verità.

Per questo riprendiamo un percoso di mobilitazione, consapevoli che ora più che mai è necessario fare sentire la nostra voce, perchè la morte di Aldo non passi sotto silenzio:

 

Martedi 14 ottobre 2008 ore 11, presso la sala della Vaccara a Perugia:
Conferenza Stampa dei familiari di Bianzino e del Comitato "Verità per
Aldo".

Venerdi 17 ottobre ore 10, via XIV settembre (Palazzina ex enel):
presidio e volantinaggio presso il tribunale dove si trova l’aula del gup,
in cui si svolgerà la prima udienza di opposizione all’archiviazione.

Sabato 18 ottobre presso il Centro Sociale ExMattatoio:
concerto benefit ore 22

Perchè di carcere non si può morire!

Perchè in carcere per qualche
pianta d’erba non si deve finire!

Comitato verità per Aldo
http://veritaperaldo.noblogs.org

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