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Lettera di Giuseppe Bianzino (padre di Aldo)

Cari amici de Il Manifesto, sono il papà di Aldo
Bianzino (morto di percosse nel carcere di Perugia il 23/10 dopo essere stato
arrestato per detenzione di marijuana, ndr) vi chiamo amici perchè, pur non
conoscendovi personalmente, vi ho sentiti vicini nella tragedia che ci ha
colpiti. Io e mia moglie desideriamo vivamente ringraziare voi e tutti coloro
che hanno seguito e raccontato i fatti. Un grazie va a Luigi Manconi, al quale
in particolare ci affidiamo perchè non molli e faccia di tutto per arrivare alla
verità e identificare i colpevoli, e alla signora Maria Ciuffi, la mamma di
Marcello Lauri che era stata colpita da una tragedia uguale e che ci ha scritto
una lettera che voi avete pubblicato. Unisco a questa lettera alcune mie
riflessioni delle quali mi assumo in ogni caso tutta la responsabilità
scaricando eventualmente voi.

1. Quelli che hanno massacrato Aldo si sono comportati
come i componenti della famigerata banda banda Koch, o come gli aguzzini di
Videla o Pinochet. In quella gente però c’era una diversità: combatteva in modo
ignobile, contro qualcuno, aveva una parte avversa, inerme e debole, ma comunque
avversa che stava "dall’altra parte", che, almeno ai loro occhi, si configurava
come "nemico". Lungi dall’essere una giustificazione, questa se non altro può
essere un spiegazione. Ma Aldo, di chi poteva essere "parte avversa"?

2. Il direttore del carcere chiama se stesso e la sua
organizzazione fuori da ogni colpa: ma in quel carcere che si definisce di
"sicurezza", non era forse lui prima di tutti il responsabile di ciò che
avveniva, della vita e della salute di chi gli era stato affidato? Si possono
paragonare tra loro l’illegalità (secondo la legge italiana attuale) di
coltivare piante di cannabis e le sevizie mortali (materiali, mentali, morali)
inflitte ad un uomo? Eppure si sente aleggiare, tra i "benpensanti", la gente
"per bene", che in fondo era un drogato, quindi aveva le sue colpe. La legge
infame di cui sopra, tra l’altro accomuna marijuana e crack, eroina, cocaina,
etc.: è come paragonare la camomilla ai barbiturici. Quanto al tenore di
cannabinolo contenuto nelle piantine coltivate  ai nostri climi, per una
pianta che, a quanto mi risulta, è acclimatata bene in Libano e in Messico,
credo ci sarebbe da discutere.. Per l’accusa di spaccio, basta ricordare che la
perquisizione in casa di Aldo ha fatto ritrovare in tutto 30 (trenta!) euro. E
Aldo non aveva conto in banca o in posta.

3. Mi dicono che il Pm che ha in mano l’inchiesta sia
una persona seria, che vuole andare a fondo e trovare i colpevoli. Ma è quello
stesso che ha fatto arrestare Aldo e la sua compagna. Possibile che non avesse
saputo che così facendo avrebbe lasciato soli in una casa isolata sull’Appennino
un minore (quattordicenne) con la nonna ultranovantenne dalla salute precaria?

4. Non ho nessuna fiducia che si arrivi a stabilire la
verità tramite la "giustizia" italiana. Abbiamo troppi esempi in cui lo stato
italiano ha coperto le colpe di delitti e stragi su cui aveva interesse che la
verità non venisse fuori. Mi vengono in mente Piazza Fontana, Brescia, Bologna,
l’Italicus, Ustica, il G8 di Genova, l’assassinio di Pinelli, in cui il primo
responsabile a sua volta è stato messo a tacere in un modo che ricorda parecchio
il caso Kennedy, mandando poi in galera gente che probabilmente non c’entrava
affatto. Voglio vedere, (ma vorrei non vedere) se anche qui trionferà la
logica degli omissis (magari non dichiarati) del segreto di stato, della
vergogna. Siamo sicuri che tutte le morti avvenute in carcere in questi anni e
catalogate come "suicidio" siano state veramente tali?

5. C’è un pezzo per pianoforte di Robert Schumann,
triste, ma di una tristezza quasi incredula, che ripete in vari toni, la stessa
frase musicale che è una disperata domanda : si intitola "Warum?", perchè?

Giuseppe Bianzino

lettera tratta dal Il Manifesto del 16 novembre
2007

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LA NOTTE prima di morire Aldo Bianzino chiamò aiuto

La Nazione del 6 novembre 2007
— PERUGIA —
LA NOTTE prima di morire Aldo Bianzino (nella foto grande) chiamò aiuto.
Suonò due o tre volte il campanello di emergenza della sua cella. La
numero 20 della sezione transito del carcere di Capanne a Perugia.
Ma l’agente di polizia penitenziaria in servizio gli rispose di
smetterla e stare tranquillo perché il medico sarebbe passato solo il
giorno dopo. E agli altri detenuti che intervennero in suo ‘difesa’
impose di non intromettersi.
L’incidente probatorio davanti al gip Claudia Matteini (nel tondo) per
fare luce sul giallo della morte in cella non scioglie completamente le
ombre attorno alla fine del falegname di 44 anni. I detenuti confermano
la versione dell’‘omissione di soccorso’, accusando il poliziotto
indagato che però ha sempre negato.
Difeso dall’avvocato Daniela Paccoi ha sostenuto, anche davanti al pm
Giuseppe Petrazzini, di avere controllato regolarmente la cella di
Bianzino senza notare alcunché di anomalo. Le testimonianze sono state
assunte ieri mattina in aula alla presenza del pm, dell’avvocato Paccoi,
dell’agente indagato e dei difensori delle persone offese: l’avvocato
Massimo Zaganelli per la compagna e il figlio e l’avvocato Donatella
Donati per la ex moglie di Bianzino. Prima hanno deposto i due tunisini
che occupavano la cella 18. Uno dei due ha spiegato di essere sicuro che
si trattasse del falegname arrestato per la coltivazione di alcune
piante di marijuana perché conosceva la voce dell’altro italiano
rinchiuso alla numero 21. Le chiamate sarebbero avvenuto tra la
mezzanotte e le una e sarebbero state due o tre.
I detenuti hanno però anche chiarito, rispondendo ad alcune domande, di
non aver sentito alcuno entrare nella cella e di non aver sentito grida
provenire da lì dentro. «Ci trattano bene e non siamo mai stati
picchiati» ha riferito uno di loro. Poi sul banco dei testimoni è
comparso un rumeno, un lavorante che vide alle 7 di mattina Bianzino
(un’ora prima dell’intervento degli agenti) seduto sulla branda e
appoggiato al muro. A quell’ora però probabilmente era già morto. Infine
sono stati interrogati altri due tunisini (l’incidente probatorio è
stato allargato in un secondo momento) che hanno confermato di aver
sentito i suoni provocati dal campanello di emergenza senza però
riuscire a individuare da quale cella, precisamente, provenissero.
BIANZINO era stato trovato morto in cella la mattina del 14 ottobre
scorso, un giorno e mezzo dopo essere stato arrestato. L’ipotesi
iniziale era stata di un malore ma l’autopsia ha poi evidenziato alcune
lesioni sospette all’encefalo, al fegato e alla milza e la procura
perugina ha aperto un fascicolo per omicidio a carico di ignoti per
chiarire la vicenda.
Nell’ambito delle indagini condotte dalla squadra mobile è stato
indagato l’agente della polizia penitenziaria per omissione di soccorso
e omissione di atti di ufficio.
«Prendo atto dei risultati dell’incidente probatorio» ha commentato
l’avvocato Zaganelli. Mentre secondo l’avvocato Paccoi i detenuti hanno
fornito versioni «contraddittorie» in particolare sull’orario nel quale
ciascuno ha sentito il campanello.
«Il mio assistito è tranquillo per il proprio operato, — ha spiegato il
legale — consapevole di non essere mai stato chiamato da Bianzino quella
notte. E’ inoltre più volte passato davanti alla sua cella e alle altre
senza mai notare alcunché di anomalo».
Erika Pontini

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Faccia a faccia i detenuti e l’agente

La Nazione Umbria del 4/11/2007
Faccia a faccia i detenuti e l’agente
Domani il confronto a Perugia per la morte di Aldo Bianzino
di CRISTINA CRISCI
— PERUGIA —
UNA DECISIONE presa di comune accordo da tutti i familiari di Aldo
Bianzino. Quella di celebrare i funerali non ieri come inizialmente
annunciato (a seguito della restituzione della salma da parte della
magistratura), ma domenica 11 è stata una scelta unanime. C’è così
un’altra settimana di tempo per fare ancora più chiarezza sulla morte
avvenuta in carcere nella notte tra il 13 e 14 ottobre scorso.
E’ L’AVVOCATO Massimo Zaganelli all’indomani della notizia del rinvio
delle esequie funebri ad evidenziare dettagli più precisi: «Non c’è
stato l’intervento della magistratura per quanto riguarda lo stop alla
sepoltura — puntualizza il legale della compagna di Bianzino Roberta e
del figlio quattordicenne — ma la decisione è dovuta esclusivamente alla
concorde volontà dei familiari del defunto».
OVVIO è che su questa ultima disposizione un suo peso ce l’ha avuta la
consultazione tra tutti i legali dei familiari che hanno insieme
valutato l’opportunità di poter procedere nel corso di questa settimana
ad ulteriori visite post mortem sul cadavere, prima della sua sepoltura.
Proprio nella lunga giornata di venerdì infatti Zaganelli aveva inviato
alla procura di Perugia quella che tecnicamente si chiama «un’istanza
propositiva» avanzando «ulteriori esigenze di accertamento». Infatti se
il corpo venisse sepolto, ci sarebbero circa 30 giorni di tempo per una
ipotetica riesumazione per nuovi rilievi. Eventualità che caricherebbe i
familiari stessi di maggior dolore. Da qui la decisione finale di
celebrare i funerali domenica prossima a Pietralunga nella chiesa della
Madonna dei Rimedi e poi nel cimitero di Pagialla.
Una settimana ancora per cercare di eliminare i dubbi attorno alla
natura dei traumi interni già emersi nei precedenti accertamenti. Sul
rinvio dei funerali anche gli altri legali coinvolti non hanno
evidenziato eccezioni.
IN ATTESA che sul fronte delle nuove perizie giungano certezze, domani
nel carcere di Capanne si svolgerà l’incidente probatorio fissato dal
gip Claudia Matteini. Un faccia a faccia tra l’agente della
penitenziaria indagato per omissione di soccorso e alcuni detenuti che
avrebbero reso testimonianze piuttosto circostanziate sulla notte
precedente al ritrovamento del cadavere di Bianzino nella sua cella.
I detenuti pare abbiano dichiarato di aver sentito più volte lamentarsi
Aldo e chiedere aiuto.
All’incidente probatorio hanno fatto espressa richiesta di partecipare,
come prevede la legge, anche gli avvocati dei familiari della vittima.
sss
Ci sarà invece da attendere ancora per i risultati delle analisi autoptiche.
#
LA SOLIDARIETÀ SABATO L’INIZIATIVA NAZIONALE. I VERDI. «TROPPI LATI
ANCORA OSCURI»
Manifestazione per chiedere verità
— PERUGIA —
ALLA VIGILIA dei funerali, una manifestazione nazionale per chiedere
giustizia. E’ il comitato «Verità per Aldo»
(www.veritaperaldo.noblogs.org») ad aver promosso la mobilitazione che
partirà alle 15 di sabato prossimo da piazzale Bove a Perugia per poi
percorrere le principali vie della città. «Un appuntamento nazionale
contro tutte le intolleranze — si legge nel volantino — perché un Paese
intollerante è tutto tranne che un Paese sicuro… Perché in carcere non
si deve morire».
sss
«La tragica vicenda di Aldo Bianzino getta un’ombra pesante sul nostro
sistema carcerario e sulla rispondenza tra presunti reati commessi e
pene inflitte. Se fossero accertate le gravissime lesioni dovute a
percosse che il falegname di Pietralunga avrebbe subìto, saremmo di
fronte a un fatto di sconcertante gravità». Con queste parole il
consigliere regionale Oliviero Dottorini annuncia l’adesione del gruppo
dei Verdi e civici «a tutte le iniziative che servano a chiedere
chiarezza sulla vicenda che ha coinvolto l’artigiano altotiberino e la
sua famiglia». «Pur con tutta la possibile cautela circa le cause del
decesso — aggiunge Dottorini — è del tutto evidente che ci troviamo di
fronte a un fatto grave e inspiegabile, del quale vanno accertate tutte
le eventuali responsabilità, da qualsiasi parte provengano. Il fatto che
il caso stia assumendo un rilievo nazionale e internazionale e che il
sottosegretario Manconi assicuri trasparenza e collaborazione riguardo
all’individuazione delle cause della morte ci tranquillizza, ma non
rende ragione a una famiglia spezzata senza apparenti motivi. E’ giusto
— conclude — che la comunità regionale e l’intero paese si mobilitino
per chiedere la verità e una spiegazione razionale e coerente per una
vicenda con troppi lati oscuri».
PER CHI VUOLE fare donazioni a favore della compagna e del figlio
minorenne di Aldo è attivo il Banco posta: cc n.27113620.

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Morto in cella: l’inchiesta raddoppia

http://www.sergiodelia.it/blog/uploads/giornaleumbria281007.pdf

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LA MORTE DEL DETENUTO BIANZINO : SUICIDIO O OMICIDIO?

 


Questo l’interrogativo e l’esortazione a fare chiarezza da parte del capogruppo PRC-SE Vinti

Umbria – 24/10/2007 10:24

"Domenica scorsa Aldo Bianzino, 44enne di Pietralunga, arrestato per
detenzione illegale di stupefacenti, è morto in carcere. La vicenda ha
contorni che è poco definire oscuri e la Procura di Perugia ha deciso
di aprire un’indagine sulle cause del decesso del detenuto". E’ quanto
ricorda, in una nota il capogruppo di Rifondazione comunista Stefano
Vinti preoccupato perché "fatti come questi rischiano di assumere un
tono scontato, quasi di normalità". "È del tutto evidente – evidenzia
il capogruppo del Prc-Se – che la magistratura farà il suo lavoro, ma
l’episodio ci lascia inquieti perché il medico legale avrebbe già
escluso l’ipotesi di una morte per infarto. Inoltre – aggiunge – un
arrestato resta in isolamento fino a quando non lo vede il giudice
delle indagini preliminari, senza entrare in contatto con altri
detenuti. Ora – dice – attendiamo i reperti istologici e gli esami
tossicologici per capire come è morto il detenuto".Vinti chiede,
quindi, di sapere "se la morte in carcere di Aldo Bianzino sia opera
del caso o opera dell’uomo. Questo – commenta – perché il carcere resta
ancora oggi una realtà chiusa e la chiusura aumenta quando succede un
fatto grave come quello di un decesso. Il sistema delle nostre carceri
purtroppo lo conosciamo. La vita delle persone che vi entrano –
sottolinea – sembra valere immediatamente di meno. Per questo abbiamo
sostenuto con forza l’istituzione nella nostra regione del Garante
delle carceri avvenuta con legge regionale il il 18 ottobre dello
scorso anno. E’ stata una scelta che abbiamo definito di civiltà perché
convinti che la Regione dell’Umbria non possa disinteressarsi dei
problemi nelle nostre carceri. A distanza di un anno, però, – spiega –
occorre che l’intera comunità politica regionale riconosca la necessità
della nomina del garante, con la duplice funzione di controllo, per le
competenze proprie dell’amministrazione regionale, e di ‘moral
suasion’, per le competenze del ministero della Giustizia, al fine di
imboccare un percorso virtuoso per la piena affermazione, senza se e
senza ma, del pieno riconoscimento della dignità umana"."La morte di
Aldo, – aggiunge Vinti – incarcerato per possesso di marijuana, non può
diventare improvvisamente un fatto ‘normale’, proprio oggi che
apprendiamo dal decimo rapporto ‘Sos Impresa’ (Confesercenti) che
l’azienda italiana con il maggior fatturato è la mafia".Vinti, in
conclusione, fa sapere che "è contro questa assurda normalità che
Rifondazione comunista dell’Umbria si pone, mettendo l’informazione e
la trasparenza al centro dei percorsi di cambiamento della cultura
penitenziaria. Chiediamo chiarezza sulla morte di Aldo Bianzino,
chiediamo la verità, chiediamo una spiegazione coerente con quello che
è accaduto".

 

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