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La famiglia: “Subito nuove indagini con una perizia medico-legale”

presidio I
parenti di Aldo Bianzino vogliono dimostrare che il falegname fu ucciso
in carcere. Tra le circostanze anomale sottolineate dai difensori dei
familiari, la posizione del corpo sulla branda, l’essere nudo in
periodo autunnale, l’immediato trasferimento del corpo fuori dalla
cella e la sua deposizione avanti la porta chiusa dell’infermeria

Tutto questo per dimostrare che – come ritiene la famiglia – Bianzino fu ucciso:
l’avvocato Massimo Zaganelli che assiste la compagna e il figlio elenca
le sue richieste istruttorie davanti al gip Massimo Ricciarelli che
dovrà decidere sull’opposizione alla richiesta di archiviazione. E la
storia del detenuto morto in cella ricomincia a fare rumore. Il pm
Giuseppe Petrazzini ha ritenuto insussistente l’ipotesi di omicidio
volontario chiedendo al giudice l’archiviazione del fascicolo aperto
contro ignoti.

Ad avviso della procura, forte della consulenza
medico-legale, il decesso del detenuto fu dovuto a ‘cause naturali’,
ovvero la rottura di un aneurisma cerebrale
. "Le indagini
eseguite – scrive il pm – non hanno consentito di evidenziare, anche
nella forma del minimo sospetto, l’esistenza di aggressioni del
Bianzino, né occasioni in cui le stesse potessero essersi verificate".
Richiesta alla quale i familiari hanno presentato opposizione: istanza
discussa ieri mattina in aula.

L’avvocato Zaganelli, insieme ai colleghi Donatella Donati e
Cristina Di Natale, ha illustrato le conclusioni del consulente
medico-legale, Giuseppe Fortuni
secondo il quale la morte fu
dovuta ad un "violento trauma addominale da schiacciamento con
conseguente lacerazione epatica, crisi ipertensiva arteriosa correlata
alla sintomatologia dolorosa e alla paura con conseguente reazione
adrenergica e successiva rottura di una sacca aneurismatica di una vaso
arterioso cerebrale".

In sostanza mentre secondo gli esperti del pm non c’è alcun
nesso tra la lesione al fegato – dovuta alle manovre rianimatorie – e
l’aneurisma, per Fortuni il nesso c’è ed è provato dal fatto che la
lesione epatica avvenne in vita mentre quando i medici praticarono i
massaggio Bianzino era già morto.
In aula il legale ha parlato
di "istruttoria lacunosa che non ha consentito di far luce su una
vicenda oscura". Tra le circostanze anomale sottolineate dai difensori
dei familiari (si sono fatti avanti l’ex moglie, il padre e il
fratello) la posizione anomala del corpo sulla branda, l’essere nudo in
periodo autunnale, l’immediato trasferimento del corpo fuori dalla
cella e la sua deposizione avanti la porta chiusa dell’infermeria.

Circostanze ritenute strane anche dal medico e
dall’infermiere. "Di fatto – scrive l’avvocato Zaganelli nella
richiesta di opposizione – pur in presenza di un’ipotesi di omicidio,
incomprensibilmente la cella e gli oggetti ivi contenuti non vennero
sottoposti a sequestro
, né disposte indagini tecnico
scientifiche… pure la nudità del corpo – sottolinea – poteva
suggerire l’ipotesi di un oltraggio fisico o morale anteriore al
decesso che si presume sia stato portato a immediata conoscenza del
direttore, dell’ispettore capo e dei medici del carcere".

Ora la soluzione del caso Bianzino, che tante polemiche ha sollevato, passa al gip che entro dieci giorni dovrà dire se riaprire l’inchiesta oppure chiudere per sempre il giallo del morto in cella.

tratto da http://lanazione.ilsole24ore.com/perugia/2008/10/18/126376-famiglia_subito_nuove_indagini.shtml

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LE ‘IENE’ IN TRIBUNALE MA PER CASO BIANZINO

LE ‘IENE’ IN TRIBUNALE MA PER CASO BIANZINO

Anche le ‘Iene’ a Perugia per il caso Meredith Kercher. Una
troupe della trasmissione televisiva condotta da Ilary Blasi,
fin da questa mattina staziona davanti al Palazzo di Giustizia
di Perugia sollecitando passanti e i tanti giornalisti che
stanno seguendo l’udienza preliminare per l’omicidio di ‘Mez’ a
"non dimenticare il caso Bianzino". Aldo Bianzino, falegname
44enne, e’ stato trovato morto il 14 ottobre 2007 nella cella
n. 20 della sezione 2B del carcere perugino di Capanne. Li’ era
detenuto perche’ i Carabinieri di Citta’ di Castello avevano
trovato nell’orto della sua abitazione a Pietralunga una
coltivazione di cannabis. All’epoca si sostenne che le cause
della morte erano dovute alle percosse subite durante
l’interrogatorio, circostanza in parte confermata anche
dall’autopsia e furno ascoltati i comandanti e le guardie
carcerarie in servizio. La Procura perugina (Pm Giuseppe
Petrazzini) ha aperto un fascicolo per omicidio volontario.

 
(AGI) – Perugia, 26 set. –

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IL GIP ACCOGLIE L’OPPOSIZIONE ALL’ARCHIVIAZIONE

INCHIESTA LACUNOSA, LE RAGIONI DEI FAMIGLIARI DI BIANZINO

 
Emanuele Giordana

Domenica 3 Agosto 2008

Come morì Aldo Bianzino, l’ebanista di Pietralunga entrato in perfetto
stato di salute in carcere il 12 ottobre dell’anno scorso e uscito
senza vita dalla casa circondariale di Perugia due giorni dopo? La
domanda, cui la richiesta di archiviazione del Pm Giuseppe Pietrazzini,
sembrava aver dato una risposta definitiva con la richiesta di
archiviazione, rimbalza adesso nuovamente su una vicenda sin
dall’inizio apparsa oscura e piena di misteri. Il Gip Massimo
Ricciarelli, cui diverso tempo fa’ i famigliari presentarono
opposizione in sede civile, ha deciso di accogliere adesso anche
l’opposizione alla richiesta di archiviazione presentata in luglio
dall’avvocato dei genitori di Aldo – Giuseppe e Maura – e di Roberta
Radici, la compagna di Bianzino con lui arrestata e poi rilasciata
senza che nemmeno le fosse stato detto, se non all’uscita dal carcere,
che Aldo era morto.
Si deve alla caparbietà dei famigliari dunque se il caso non si chiude
in uno scaffale degli uffici giudiziari perugini e se le eccezioni
sollevate dal legale, l’avvocato Massimo Zaganelli, ricostruiscono un
percorso di dubbi e interrogativi non ancora sciolti che il magistrato
ha evidentemente considerato validi, quantomeno a non far diventare la
storia di Aldo un semplice faldone di carte polverose. La ricostruzione
della parte civile mette in fila tutte le contraddizioni di quelle
terribili ore a cominciare dalla mattina di domenica 14 ottobre quando
Aldo è rinvenuto, inanimato, sulla branda superiore del suo letto. I
suoi indumenti si trovano, ordinati, su quella inferiore. La finestra
della cella è aperta seppure sia ottobre inoltrato e Aldo indossi solo
una maglietta a maniche corte. Per il resto è nudo. Il corpo viene
prelevato dagli agenti, trasportato subito fuori della cella e deposto
sul pavimento del corridoio dell’infermeria, sita a pochi metri. Viene
innalzato un lenzuolo così che gli altri detenuti nulla possono vedere.
Si tenta la rianimazione, effettuando il massaggio cardiaco sul corpo
inanimato. Uno dei medici dirà che “… non so spiegarmi per quale motivo
il detenuto sia stato portato sul pianerottolo davanti alla porta
dell’infermeria ancora chiusa poiché (in altri casi) il nostro
intervento avveniva direttamente in cella”.
Le indagini riveleranno “…lesioni viscerali di indubbia natura
traumatica (lacerazione del fegato) e a livello cerebrale una vasta
soffusione emorragica subpiale, ritenuta al momento di origine
parimenti traumatica…”. Ma poi le ricerche si esauriscono con
l’acquisizione dei filmati estratti dalle videocamere dell’istituto di
pena mentre viene aperto procedimento penale nei confronti di una
guardia per omissione di soccorso. La richiesta di archiviazione per il
reato di omicidio viene formulata dal Pm nel febbraio scorso con la
conclusione che Aldo è morto non per trauma ma per un aneurisma
cerebrale; la lesione epatica viene ritenuta estranea all’evento letale
facendo eslcudere “… l’esistenza di aggressioni del Bianzino”.
Motivazioni “assertive e generiche” che, secondo i legali della
famiglia, sono “insostenibili” e frutto di un’“istruttoria lacunosa”.
Valga per tutto una perizia medico legale secondo cui “…la
lacerazione epatica deve essere ritenuta conseguenza di un valido
trauma occorso in vita e certamente non può essere ascrivibile al
massaggio cardiaco, in riferimento al quale vi è prova certa che
avvenne a cuore fermo”.
Il commento, che Roberta Radici ha affidato al quotidiano “La Nazione”,
è lapidario: “Una scheggia di luce per il mio piccolo Rudra”, il figlio
di Aldo e Roberta rimasto orfano del padre a soli 13 anni. Nessuno in
famiglia si è mai arreso all’archiviazione: non gli altri due figli,
Aruna Prem ed Elia con la madre Gioia (che hanno presentato l’altra
istanza di opposizione), né i genitori e il fratello di Aldo. Il padre,
Giuseppe, domenica scorsa è salito sul palco del Goa Boa, il festival
per i diritti umani organizzato dalla Tavola della pace a Genova: di
fronte a 15 mila persone, convenute anche per il concerto di Manu Chao
e quello di Tonino Carotone, Bianzino ha ricordato il valore anche
civile della difesa dei diritti umani. Aveva rivolto un suo personale
appello al giudice perché non archiviasse il caso. Appello accolto.

http://www.lettera22.it/showart.php?id=9469&rubrica=219 

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la “Million Marijuana March” per Aldo Bianzino

      Droghe: Roma; la "Million Marijuana March" per Aldo Bianzino
Dire, 5 maggio 2008
È stata dedicata ad Aldo Bianzino (il falegname quarantenne umbro 
arrestato lo scorso inverno perché aveva piante di marijuana nel suo 
casolare e morto in carcere il giorno dopo) l'ottava edizione della 
Million Marijuana March, che alle 16 è partita da piazza della Repubblica 
a Roma. La marcia fa parte di un' iniziativa mondiale che, partita dalle 
poche decine di città del 1999, coinvolge ormai più di 220 città su tre 
punti rivendicativi: fine delle persecuzioni per i consumatori; diritto 
all' uso terapeutico della Cannabis per i pazienti; diritto a coltivare 
liberamente una pianta che è parte del patrimonio botanico del pianeta.
"Quest' anno la dedicheremo ad Aldo Bianzino - afferma Alberto Sciolari, 
uno degli organizzatori - perché la sua vicenda è davvero inquietante: lo 
arrestarono nel suo casolare in campagna perché aveva qualche pianta di 
marijuana e il giorno dopo morì in cella. Dissero che si trattava di un 
malore, ma dall' autopsia risultò la frattura di alcune costole e danni al 
fegato, come se avesse subito un pestaggio fatto ad arte per non lasciare 
tracce evidenti".
Un pensiero Sciolari lo rivolge però anche al nuovo sindaco di Roma Gianni 
Alemanno: "Ora ci si può aspettare di tutto, perché in teoria, a 
differenza di Veltroni che aveva cercato di mantenere una pace sociale, 
Alemanno potrebbe decidere di far applicare rigorosamente la legge 
Fini-Giovanardi, usandola come grimaldello. Da parte nostra cercheremo di 
mantenere dei paletti, soprattutto sul diritto dei malati a curarsi con la 
cannabis, perché se il peggio inizia poi non si ferma più".

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Come i familiari di Aldo Bianzino motivano l’opposizione all’archiviazione

Riportiamo alcuni passaggi interessanti:
Dal Corriere dell'Umbria del 28/02/2008
Morto in cella. Come i familiari motivano l'opposizione all'archiviazione  -
di E.C.Bertoldi
"Ispirati unicamente dalla volontà di vedere chiariti in ogni punto, i
motivi, le dinamiche, le cause e le responsabilità che hanno condotto
"altrove" Aldo, chiediamo che l'inchiesta non sia archiviata. Lo chiediamo
per Aldo, ma non solo per Aldo. Anche per tutti coloro che dopo di lui si
troveranno a soggiornare nel carcere di Capanne". È questa la motivazine con
il quale il figlio e il fratello di Aldo Bianzino, rispettivamente Aruna
Prem e Claudio, chiedono al gip Restivo di respingere la richiesta di
archiviazione dell'inchiesta sull'omicidio iscritta contro persona ignota,
al pm Petrazzini.
...........
Fanno poi notare che anche la perizia conclusiva mette in luce una lesione
epatica, che però il pm afferma essere del tutto estranea all'evento. "Una
manovra rianimatoria talmente errata e maldestra da determinare la
lacerazione epatica avrebbe – sostengono i congiunti – comportato anche una
lesione sternale che di contro non è stata riscontrata sul corpo di Aldo".
La parte civile indica un'ipotesi: "non si vede come non possa essere stato
ipotizzato un traumatismo epatico che di conseguenza potrebbe aver
determinato la rottura dell'aneurisma (ad esempio attraverso l'induzione di
un aumento pressorio).
.........
L'indagine
La richiesta di opposizione all'archiviazione indica anche un teste che
sostiene di averlo visto uscire dalla sua cella "per ben due volte" e
"sempre per recarsi in infermeria" accompagnato da un assistente, mentre in
infermeria risulta una sola visita. Dunque risentire il teste, ascoltare un
altro teste che conferma questo particolare e individuare quale agente lo
abbia accompagnato e scoprire le visite in infermeria. Anche le telecamere
del carcere fanno vedere degli spostamenti che "non possono non essere
ritenuti importanti per l'indagine". In particolare viene indicata
l'esigenza di individuare chi fosse l'individuo in tuta mimetica alle
20.32e un altro alle
20.53. Un altro ancora alle 22.32 che si muove "con una certa fretta" e che
"gesticola".

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