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Un presidio per ricordare Aldo

Da Carta (26 ottobre 2007)

 

Questa
mattina davanti al carcere perugino di Capanne c’era folla. Un presidio
per ricordare Aldo Bianzino, ucciso in cella nella notte tra il 13 e il
14 ottobre, al quale si sono poi uniti i sostenitori dei cinque giovani
spoletini arrestati con l’accusa di far parte di una cellula
anarco-insurrezionalista affiliata all’associazione Coop Fai [Contro
ogni ordine politico federazione anarchica informale]. Nel giro di
quindici giorni il carcere e il suo direttore, Giacobbe Pantaleoni,
sono così finiti sotto i riflettori. Il caso di Aldo Bianzino, sul
quale indaga la procura di Perugia, è anche al centro di un’indagine
del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. E anche il
Comitato europeo per la prevenzione della tortura, rispondendo alla
richiesta dell’Associazione Antigone, ha annunciato che seguirà la
vicenda da vicino. E man mano che vanno avanti i lavori dei medici
legali, si infittiscono gli interrogativi sulla morte di Aldo. A
proposito delle lesioni al fegato, c’è un «modesto distacco», mentre ci
sarebbe una costola rotta e non due «con un interessamento compatibile
– secondo i medici legali – con un massaggio cardiaco». Si riapre così
la possibilità di un decesso seguito a un infarto. Ma bisognerà
aspettare ancora per avere i risultati definitivi dell’autopsia, almeno
un mese se non addirittura due. E anche se c’è da determinare cos’è
davvero accaduto in questa cella di Capanne, dove è morto Aldo nella
notte tra il 13 e il 14 ottobre. Ma rimane una certezza, in questa
cella Aldo c’era finito per due piantine di marijuana.

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Bloccati i funerali di Aldo Bianzino

Dalla Nazione del  3 novembre 2007

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Bloccati i funerali di Aldo Bianzino
Accolta l’istanza dell’avvocato Zaganelli: rito rinviato a domenica 11

di CRISTINA CRISCI
— PERUGIA —
OGGI DOVEVA essere il giorno dell’ultimo abbraccio. Manifesti che annunciavano il funerale, i genitori giunti dal nord Italia, i familiari e gli amici pronti a dare l’estremo saluto ad Aldo Bianzino. Poi lo stop. Anche il corteo funebre può aspettare nel nome della verità. Giornata a tre tappe, quella di ieri. Prima il nulla osta per la riconsegna della salma con l’annuncio dei funerali che dovevano svolgersi oggi alle ore 16 con una commemorazione religiosa nel santuario della Madonna dei Rimedi di Pietralunga, poi la sepoltura del feretro nel cimitero di Pagialla. Per quasi tre settimane i familiari hanno aspettato quel momento. E fino alla tarda serata di ieri hanno immaginato il funerale di Aldo. Poi lo stop. Già perché nel frattempo l’avvocato Massimo Zaganelli (difensore dell’ultima compagna Roberta Radici e del figlio quattordicenne) aveva avanzato istanza contraria palesando alcune perplessità sull’opportunità di «procedere alla sepoltura in un caso così delicato quando non tutti i periti hanno potuto ispezionare il cadavere nella sua interezza». Forse lo stesso legale lavora per contattare un altro perito di fama nazionale. Fatto sta che le istanze dopo lunghe ed infuocate consultazioni sono state accettate. Ed alle 21 di ieri è arrivato lo stop. Tutto rinviato a domenica 11 novembre, a quasi un mese di distanza dalla morte. Era infatti il 14 ottobre, una domenica mattina come tante altre quando Aldo Bianzino, detenuto nella cella numero 20 del carcere di Capanne fu trovato privo di vita. Una morte avvolta dal mistero: la prima autopsia evidenzia ematomi interni a livello cerebrale e traumi sempre interni nella regione addominale.

LA PROCURA apre un’indagine ed iscrive un fascicolo per omicidio. Numerosi accertamenti vengono disposti sul corpo dell’uomo fino a ieri l’altro. L’intento è quello di fare massima chiarezza su quello che è accaduto nella maledetta notte del 14 ottobre. A distanza di tre settimane da quel giorno il nome di quest’uomo di 44 anni che aveva scelto di vivere nelle campagne di Pietralunga con la compagna Roberta, l’ultimo figlio di 14 anni e l’anziana suocera, ha scosso gli animi ed è diventato uno dei più clikkati d’Italia. Si moltiplicano i blog che riportano la notizia, aprono forum e discussioni. Ne spunta uno, www.veritaperaldo.noblogs.org interamente dedicato al suo caso. Una mobilitazione generale che a portata di mouse, raccoglie adesioni, indignazioni, voci dentro e fuori dal coro. A muovere le fila della battaglia in rete è il «Comitato verità per Aldo Bianzino» dentro il quale ci stanno molte persone, tante facce, diverse esperienza (dai circoli «Arci», ai Radicali, fino agli amici di Aldo e le associazioni più in generale). Lo slogan del gruppo: «Il carcere? sicuro da morire» per smuovere animi e coscienze e raggiungere la verità. In attesa della manifestazione nazionale che si svolgerà il 10 novembre a Perugia il comitato per Bianzino sta distribuendo anche degli adesivi tempestati di api che volano sui quali si legge: «Per ogni Aldo che cade ne volino 3003» ennesima declinazione di una battaglia che ha ormai assunto connotati e valori che esulano dal fatto specifico. A chi adombra la possibilità che tutta questa mobilitazione venga in qualche modo strumentalizzata risponde Roberta, la compagna di Aldo: «Oltre alla mia, sono queste le uniche voci sulle quali Aldo può contare». A riprendere il caso sono anche i meet-up di Bebbe Grillo, il sito «Fuoriluogo», «Luogocomune», «Street anti pro», «Encod» del Belgio.

Detenuti a confronto con un agente
— PERUGIA —
SUL FRONTE delle indagini c’è invece attesa per l’incidente probatorio fissato per lunedì davanti al gip Claudia Matteini. L’unico indagato, un agente penitenziario, sarà messo di fronte ad alcuni detenuti che avrebbero raccontato di aver sentito Bianzino lamentarsi e chiedere aiuto all’interno della sua cella. Saranno importanti anche i risultati delle varie analisi disposte nel corso dei numerosi accertamenti che sono stati compiuti.

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Caso Bianzino: dall’amaca di Michele Serra

La storia ce l´ha raccontata ieri su “Repubblica” Jenner Meletti. E´
morto in carcere, per cause ancora da accertare, un falegname umbro,
Aldo Bianzino, arrestato il giorno prima perché coltivava cannabis per
farne uso personale. Una persona mite, che viveva pacificamente in
mezzo alla natura, certo non pericolosa per gli altri, che lascia un
figlio minorenne e una compagna disperata. Proprio in questi giorni e
in queste ore, con l´atroce delitto di Roma che esaspera la questione
già rovente della sicurezza, della violenza, dell´immigrazione rom
fuori controllo, viene spontaneo domandarsi per quale assurdo criterio
giudiziario, o politico, o culturale, un uomo debba morire in carcere
perché gli piaceva farsi le canne (tra parentesi: ieri la Cassazione ha
“depenalizzato” la coltivazione di cannabis per “uso ornamentale”…).
C´è una specie di folle sproporzione, di abnorme iniquità tra le
notizie di rapinatori o di assassini rimessi in libertà con evidente
imprevidenza, e vicende come questa, dalle quali la legge e la
giustizia escono con una patente di totale stupidità. Una stupidità che
avrà certamente le sue spiegazioni “tecniche”, i suoi alibi
procedurali. Ma lascia di ghiaccio. Uno Stato con i nervi saldi non se
la prende con gli hippies: se non altro perché avrebbe cose più urgenti
e più serie da fare.

Da Repubblica, di Michele Serra – 2 novembre 2007

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«Non ho una tomba per piangere Aldo»

La Nazione del 2 novembre 2007 

MORTO IN CELLA

«Non ho una tomba per piangere Aldo»

Manconi: «Nessun insabbiamento». Attesa per gli esami medico-legali

— PIETRALUNGA —
UN COMPAGNO morto da 18 giorni e «nemmeno una tomba dove piangerlo. Neanche il diritto di vivere il mio dolore con l'intimità che vorrei».
Sono giorni terribili per Roberta Radici, la compagna di Aldo Bianzino (insieme nel tondo in alto) , che oltrealla verità attende anche di poter rivedere la salma. E nemmeno nel giorno dedicato alla commemorazione dei defunti, per lei è giunta la notizia sperata. Nulla di certo ancora sulla restituzione del corpo di Aldo che resta a disposizione delle autorità, tanto meno sull'eventuale data dei funerali. «Invece quello che è certo — aggiunge Roberta — è che vorrei ringraziare tutti coloro che a vario titolo ed in diverso modo, in questi giorni terribili ci sono stati vicini, si sono mobilitati perché la morte di Aldo non sia inutile». Non a caso ieri mattina a microfoni spenti Roberta ha contattato Radio Rai Tre che ha dedicato un'intera trasmissione al caso Bianzino nel corso della quale è intervenuto anche il sottosegretario alla giustizia Manconi (a destra), per ringraziare chi a livello nazionale sta portando avanti una «battaglia per la verità».
Cris.

— PERUGIA —
IL SOTTOSEGRETARIO alla giustizia, Luigi Manconi promette: «Non esiste nessun pericolo di insabbiamento, l'accertamento della verità è un punto d'onore irrinunciabile». Dopo la visita nel carcere di Capanne e un incontro privato con la compagna e il figlio di Aldo Bianzino l'onorevole è intervenuto nuovamente sul giallo della morte in cella. Saranno ora le risposte della medicina legale a fare luce su tempi e cause del decesso. A dire cosa ha ucciso il 14 ottobre scorso un falegname di 44 anni arrestato nemmeno due giorni prima perché a Pietralunga coltivava piante di marijuana.
In particolare saranno gli esami istologici sull'encefalo a stabilire se le lesioni cerebrali riscontrate in sede di autopsia possono essere state provocate da traumi esterni, come la shaken baby sindrome. Questo potrebbe spiegare l'assenza di lesioni estterne sul corpo di Bianzino. Da verificare, ancora, la natura delle lesioni alla milza e al fegato. Nelle ultime ore i consulenti incaricati dal pm Giuseppe Petrazzini, Luca Lalli e Anna Aprile hanno eseguito — insieme ai consulenti di parte, Laura Paglicci Reattelli per la compagna e Walter Patumi per la ex moglie — gli esami radiografici e verificato il responso di quelli tossicologici (sarebbero state trovate tracce di cannabis). La storia fatta di ombre della morte in cella era esplosa proprio in seguito all'autopsia. Quella che inizialmente era apparsa una morte per infarto si era trasformata in un possibile omicidio quando il medico legale aveva riscontrato le lesioni di natura traumatica. Di lì la decisione di bloccare la salma per consentire ulteriori accertamenti. E, contestualmente, avviare un'indagine ‘classica' per omicidio che ancora non avrebbe portato ad alcun responso. L'unico indagato è un agente di polizia penitenziaria — inquisito per omissione di soccorso e omissione di atti d'ufficio — perché non avrebbe prestato aiuto a Bianzino che la notte lamentò di sentirsi male. A denunciarlo sono stati due tunisini, ristretti nella cella 18 del penitenziario che lunedì saranno sentiti dal gip nel corso di un incidente probatorio insieme ad un terzo uomo. Si tratta di un lavorante rumeno che avrebbe visto alle 7 del mattino il falegnamente seduto sulla brandina della cella., nudo.
Il poliziotto, difeso dall'avvocato Daniela Paccoi, ha spiegato al magistrato di essersi comportato correttamente.
Eri.P.

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Su Aldo Bianzino da radio rai 3 il 1 novembre 2007

Registrazione della trasmissione Radio Mondo di Radio3 del 1 novembre 2007

Scarica l'audio (mp3) 

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